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Diario dell'emergenza
29 luglio
Il 29 luglio il colonello tedesco Fuchs fece affiggere l’ordinanza di sgombero della popolazione dei quartieri prospicienti l’Arno entro le ore dodici del giorno successivo. L’ordine di evacuazione risvegliò dall’attesa paralizzante tutti i cittadini di Firenze e squarciò il velo delle speranze di ‘città aperta’ fino ad allor tenute in vita.
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Dal Diario dell'emergenza:

«Stavo suonando il II tempo della sonata opus 49 n. 1 di Beethoven, quando mi vedo entrare in salone, tutta trafelata e sudata, la buona Paola. Con un viso tragico, che lì per lì mi urtava perché io ero tutt'altro che tragica suonando quel 'rondo', mi domanda tutta affannosa se sapevo la notizia. Io naturalmente non sapevo nulla di nulla; e così le ho potuto dare tutta la soddisfazione, che sempre si prova, annunziando una qualunque novità «Bisogna sfollare!». Non so che viso ho fatto, ma certo piuttosto inebetito perché questa tegola mai e poi mai me l'aspettavo! Era circa un mese che avevamo lasciato San Gaggio ed eravamo scesi «nella città dolente» per passare 'i brutti giorni'. Paola ed io stavamo a guardarci in faccia con espressioni più o meno sconvolte e meravigliate, circondate dalla macabra atmosfera del salone tutto disfatto, pieno di mobilio coperto di cenci bianchi, di cui l'unica cosa viva erano i libri delle nostre lezioni di inglese e gli spartiti di pianoforte.»

«L’ultima serata in casa Rucellai l’ho passata, come al solito, su, nella terrazza del terzo piano: c’era una luna bellissima che illuminava i tetti d’intorno e faceva risaltare il piccolo e simpaticissimo campanile di Santa Trinita sul cielo profondo e pieno di stelle del luglio fiorentino. Era molto bello ma in lontananza, dietro il colle di Belvedere e di San Gaggio, si vedevano dei grandi lampi e poi si sentiva il rombo del cannone: era un terribile contrasto fra la bellissima natura e la pace della città addormentata e la guerra che sempre si avvicinava con tutta la sua malvagità e crudeltà, incurante e quasi sprezzante di tutto ciò che è bello. Anche Simonì era venuto su a frescheggiare e, prima di andare a letto, abbiamo sentito insieme il magnifico concerto di Grieg, il cui adagio avrà sempre il potere, se non di far dimenticare, di elevare ogni tristezza purificandola dai suoi elementi più tristi.»

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