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Maria e Paola
L'amicizia tra i banchi di scuola
Maria Fossi e Paola Barocchi si erano conosciute negli anni della guerra al liceo classico Galileo di Firenze, ritrovandosi in una classe così stimolante da far venire «il mal di testa» ai professori. Era il 1942. L’anno dopo sarebbero diventate compagne di banco, e oltre a una coperta portata da Paola per sopperire al gelo dell’austerità bellica, le due studentesse iniziarono a condividere il tempo trascorso fuori dalla scuola, alimentando una le passioni dell’altra.
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«Maria al liceo era un personaggio inconsueto e molto particolare, un personaggio estremamente curato e assuefatto a consuetudini elette. Nella classe si comportava con grande civiltà, grande disponibilità e cortesia e dimostrava tutte le caratteristiche di uno ‘stile’, di un ‘costume’ che gli altri non potevano avere.

La sua disinvoltura mi impressionò e in un primo tempo mi tenne lontana. Più tardi, nel 1943, la guerra cominciò a incombere e in un certo senso i rapporti venivano semplificati. Nell’autunno, all’inizio del secondo anno liceale, io divenni compagna di banco di Maria e naturalmente i nostri colloqui si fecero più intensi. Andavamo allora a scuola non più col grembiule, ma col cappotto, data la carenza di riscaldamento e per attenuare il gelo dell’aula io portai una coperta, che ovviamente Maria condivideva. In questa solidarietà ‘bellica’, lo ‘stile’ di Maria mi divenne più familiare.

La nostra sezione del liceo era la migliore di tutto il Galileo. Avemmo la fortuna di avere insegnanti di grande qualità: Setti, Bruscoli, Mancini e Don Bensi, che Maria ha molto amato e molto seguito. La classe era molto vivace: Anna Chiavacci, Giuliana Sapori e la stessa Maria davano prova di una curiosità antiscolastica che si poneva molti quesiti. Tanto è vero che gli stessi docenti quando andavano nelle altre classi manifestano un certo sollievo dato che, secondo loro, la nostra provocava loro il mal di testa.

In questo contesto fortunato io feci molte scoperte e soprattutto cercai di spiegarmi il valore dello ‘stile’ di Maria. Evidentemente era una cosa del tutto diversa dalla cosiddetta ‘maniera di fare’. Si trattava di un grado di comportamento più alto, prodotto dalla consuetudine di particolari costumi che evidentemente Maria aveva assimilato soprattutto dalla madre, Nannina Rucellai. Quella che appariva indifferenza o non partecipazione era un modo di difendersi e di rispettare se stessi e gli altri.»

Paola Barocchi, Maria diciottenne, in Firenze ferita e il ponte Santa Trinita, pp. 198-199

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